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La psichicità contrastiva nel Counseling Filosofico

Nel cosiddetto "mio" discorso filosofico, la locuzione psichicità contrastiva sta a indicare l'essenza profonda dell'"io", cioè dell'uomo in quanto "individuo", ovvero l'opposizione aporetica (destinata, peraltro, a essere risolta: cfr. Oltre Severino, Guénon prossimo mio. Risoluzione di «Necessità del divenire», AlboVersorio 2018) tra l'Ontologia incontrovertibile della "cura per ciò che sta in luce" e la Metafisica integrale della Tradizione Perenne. Nulla a che vedere, dunque, con l'insieme di quei processi intrapsichici che, a buon diritto, sono di competenza esclusiva delle varie psico-terapie. In questa sede, pertanto, la suddetta locuzione intende alludere, specificamente, alle due anime del mio Counseling Filosofico. 

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In generale, il Counseling Filosofico nasce negli anni Ottanta ad opera del tedesco Gerd Achenbach, il quale apre uno studio professionale di Philosophische Praxis. A poco a poco fioriscono gruppi di ricerca nell’Europa del Nord, ma si tratta ancora di un’attività di nicchia. La svolta, in tal senso, arriva con la pubblicazione, da parte del canadese Lou Marinoff, di Platone è meglio del Prozac (Piemme, Casale Monferrato 2001), che, coniugato all'impegno di un gruppo di studiosi italiani - fra cui lo psichiatra torinese Prof. Lodovico Berra - e all'importantissimo sostegno di un filosofo autorevole come Umberto Galimberti, porta alla diffusione del Counseling Filosofico pure in Italia. In generale, esso è definibile come una RELAZIONE D'AIUTO che si avvale di metodi e strumenti della filosofia (argomentazione, dialettica, dubbio, ermeneutica, maieutica, logica, fenomenologia, intuizione intellettuale, ecc.) e che è indirizzata, dichiaratamente, a situazioni NON PATOLOGICHE. Non si tratta, insomma, di una “psico-terapia”, anche perché di “terapia” stricto sensu si può parlare solo in presenza di una “diagnosi” - e, quindi, di una cosiddetta “malattia”.

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Del resto, come ci ricorda lo stesso Galimberti, noi oggi non viviamo più in una "società della disciplina" (scandita da quella logica "permesso/proibito" che, nella pedagogia asfittica dei divieti sessuali, correlava il disturbo depressivo a un "irrimediabile senso di colpa"), bensì in una "società della prestazione" (scandita dalla logica "possibile/impossibile", in riferimento a obiettivi aziendali da raggiungere), in cui la sofferenza tanto del disoccupato, per il proprio misconoscimento sociale, quanto di chi un lavoro lo ha, per la rimozione di ogni umana "debolezza" richiesta dall'Apparato scientifico-tecnologico (in quanto ostacolante l'efficacia comunicativa del suo linguaggio binario), non può essere "guarita" con gli strumenti della psicologia. Proprio perché non è una "terapia della psiche" ma una “TERAPIA DELLE IDEE”, il Counseling Filosofico appare, in tal senso, come la relazione d'aiuto più idonea per riscoprire quella dimensione antropologica che la tecnica moderna - nel suo limitarsi a "funzionare" - marginalizza e occulta.

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Il dia-logo tra Counselor Filosofico e consultante mira, innanzitutto, ad accompagnare quest'ultimo fuori dalla "caverna" platonica di cui è prigioniero, facendogli cambiare il punto di osservazione delle cose del mondo. Al riguardo, se si offrisse al consultante una soluzione “rapida e indolore”, probabilmente costui ne resterebbe soddisfatto sul momento, ma poco dopo avrebbe un cosiddetto brusco risveglio. L’obiettivo del Counselor è, dunque, quello di iniziare il consultante alla navigazione in solitaria nel burrascoso mare dell’Essere, facendogli acquisire - attraverso progressive aperture di senso - un vero e proprio ATTEGGIAMENTO FILOSOFICO. In altre parole, il Counselor Filosofico ha lo scopo - solo apparentemente paradossale - di rendere se stesso sempre meno necessario per il consultante. Del resto, le asperità della vita non si possono levigare una volta per tutte; si tratta, allora, di equipaggiare il consultante delle lenti ermeneutiche più potenti, delle risorse concettuali più cospicue, cosicché egli riesca a tirarsi fuori, in piena autonomia, da ogni “pantano esistenziale”.

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Per quanto concerne l'organizzazione degli incontri, sono previsti cicli di massimo 10 sedute, intervallati da periodi di pausa - sia pur brevi -, che permettano al consultante di valutare, in base ai risultati ottenuti e alle proprie esigenze spirituali, se procedere o non con ulteriori sedute. Il mio Counseling Filosofico, infatti, è strutturato in due livelli, che rispecchiano le "due anime" di cui sopra:

    COUNSELING DI 1° LIVELLO
  • Il problema posto dal consultante viene subito inquadrato nell'orizzonte categoriale dell'Ontologia incontrovertibile, affinché, con una meditazione guidata intorno ai grandi tratti del primo pensiero filosofico e all'essenza del nichilismo, egli incominci a GUARDARE DALL'ALTO non solo il problema suddetto, ma anche tutto ciò che, in qualche modo, alimenta la PROTESTA DEL MORTALE (delusione, tristezza, paura, ecc.). Alla fine del percorso, si impara a esperire il dolore in modo affatto diverso, comprendendo che quest'ultimo non esiste mai allo stato puro ma, sempre e comunque, come dolore interpretato.

COUNSELING DI 2° LIVELLO
  • Il consultante che possegga le qualificazioni per accedere al livello più avanzato (e che, naturalmente, desideri farlo) è colui che, nel frattempo, ha fatto propria l'attitudine a vedere il cosiddetto "astratto" come il più concreto. D'altra parte, se il centro tematico del 1° livello di Counseling è costituito dal rapporto asimmetrico fra la verità della filosofia e l'"individuo", il 2° livello, superando ogni impersonalità speculativa, mira direttamente al passaggio dall’io al Sé, ovvero al CONSEGUIMENTO di quell'esistenza sovra-individuale che la Metafisica integrale, nella maniera più icastica, chiama VITA TRANSUSTANZIATA.

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